Nessuna epoca, nella lunghissima storia della razza umana, ha subito cambiamenti così drastici e repentini come la metà del novecento. Alla fine del secondo conflitto mondiale, tutta l’Europa ma soprattutto l’Italia, si potava collocare ai primi dell’ottocento, sia come qualità della vita, sia come tecnologia. L’Italia era un paese prevalentemente agricolo, con la popolazione che ancora abitava antichi borghi, o sperduti casali, spesso in una sola stanza “letto e fuoco”, in condizioni igieniche sanitarie che oggi non sono neppure immaginabili, dove il lavoro predominante era il bracciante agricolo. L’analfabetismo era la regola, perché i bambini erano utilissimi per il lavoro nei campi, o per la pastorizia. Poi di colpo, grazie soprattutto alla chimica e all’elettronica tutto è cambiato, nel giro di pochissimi decenni.
Una Società, che per secoli aveva basato sul riciclo la propria sopravvivenza, si è ritrovata di colpo immersa nel più sfrenato consumismo. Le nuove generazioni, non hanno fatto neppure in tempo a conoscere il modo di vivere, e gli oggetti di uso quotidiano di quel periodo. Cercherò, nel limite dl possibile, di colmare questa lacuna, descrivendo gli oggetti e i materiali disponibili a quei tempi, lasciando ai lettori il compito di paragonarli a quelli attuali.
Cominciamo con il tessile: La maggior parte di abiti era fatta con il Fustagno, un tessuto antichissimo molto resistente, fatto con lino e cotone, utilissimo per confezionare abiti da lavoro, seguiva poi la canapa. Si pensi che negli anni cinquanta, si è calcolato che in tutta Italia vi fossero più di ottantamila ettari coltivati a canapa, che era usata anche per corderie, velature, e tendoni. Il lino era considerato un tessuto pregiato, e veniva usato soprattutto per confezionare corredi da sposa per le famiglie più abbienti (tela battista) o pizzi e merletti. Con la seta rarissima e costosa, si confezionavano principalmente sciarpe, foulard, e fazzolettini per l’alta borghesia, mentre la lana era usata soprattutto nella confezione d’indumenti intimi, certamente caldi, ma per la loro rusticità, soggetti a provocare fastidiosi pruriti. Le Sanzioni, messe in pratica nel periodo Fascista, e la penuria di materie prime durante il 2° conflitto mondiale, avevano costretto l’industria Italiana a sperimentare dei nuovi materiali per tessuti, sia “artificiali” che naturali. Nasce così la “seta artificiale” chiamata poi Rayon derivata dalla cellulosa, il Lanital ricavato dalla caseina del latte, e infine il Mohir composto dai peli del coniglio d’angora. E’ chiaro che con queste fibre non si confezionavano gli abiti di tutti i giorni, bensì quelli di una classe ricca e privilegiata, ma che servirono comunque a gettare le basi di quella moda “made in Italy”, che adesso tutto il mondo ci invidia. Passiamo alle abitazioni: la stragrande maggioranza, erano prive di servizi igienici e di acqua corrente, l’impianto di riscaldamento composto di un solo caminetto, o di una stufa a legna o carbone, posti in un’unica camera, per cucinare si usava il fornello in muratura, alimentato a carbonella.
L’impianto elettrico a 110 V., in genere era composto da una sola lampadina che pendeva nuda dal soffitto, i pavimenti erano realizzati, per la maggior parte, con mattoni pieni dipinti di rosso. Il tetto poggiava su travi di legno, rozzamente squadrate, con le tegole visibili dall’interno delle stanze, dove erano frequenti le infiltrazioni d’acqua durante i temporali. Solo nelle case più signorili vi era “l’incannicciata” composta di canne di fiume, che dopo essere state seccate e tagliate longitudinalmente venivano intrecciate e inchiodate alla travatura, e poi ricoperte da uno strato di calce. Topi, scorpioni, pipistrelli, e scarafaggi, per non parlare di milioni di mosche, erano ospiti indesiderati, ma comuni nelle abitazioni del tempo. Le stoviglie erano di alluminio, o rame, casseruole e pentole, erano in terracotta. I recipienti principali erano due, il concon e il bazil (bacile): il primo di terracotta serviva per il bucato e da vasca da bagno per le abluzioni della famiglia, mentre il secondo, in rame stagnato, serviva come riserva d’acqua quotidiana. Un mestolo era posto nelle sue vicinanze e serviva da bicchiere, per tutti componenti della famiglia, oltre naturalmente a eventuali ospiti. Chiaramente l’acqua che avanzava dalla bevuta, veniva tranquillamente ributtata all’interno del contenitore, essendo troppo preziosa per gettarla via. Nel 1958 esistevano nella Provincia di Massa - Carrara, circa ottanta apparecchi telefonici, compreso l’ospedale, le forze dell’ordine, e i pompieri, gli apparecchi radio erano circa 120, mentre le sale cinematografiche, tra Carrara, Avenza, e Marina erano undici.
Tutti i liquidi commestibili, venivano venduti sciolti, con il vuoto, in vetro, o legno, a rendere, mentre i generi alimentari erano venduti avvolti in carta oleata, o gialla. Il bagno personale aveva cadenza settimanale o quindicinale, mentre le donne si lavano “la testa” ogni mese, in concomitanza di giornate di sole per asciugarsi i capelli. Il Carrione e tutti i suoi affluenti erano disseminati di Lavatoi Pubblici, dove le donne si recavano a fare il bucato, in alternativa si ricorreva al concon, il detersivo usato era sapone di Marsiglia, nel primo caso, mentre nel secondo si usava la cenere del camino, e l’acqua bollente. I trasporti pubblici erano costituiti dal tram, che univa Carrara e Marina, dove, in concomitanza degli orari di lavoro, vi era la “corsa operaia” ossia un biglietto andata e ritorno a prezzo scontato, le auto erano rarissime, tanto che noi bambini giocavamo al pallone in mezzo al Viale XX Settembre. La vita quotidiana non era certamente facile, ma proprio per questo aveva sviluppato nella gente un senso di solidarietà, e un calore umano, che suppliva ampiamente alla cronica mancanza di beni di prima necessità. Le donne del vicinato si aiutavano l’un l’altra, prestandosi le cose, che si “dimenticavano” (quando la lista diventava troppo lunga), di comperare alla bottega, le case; durante il giorno, avevano le porte sempre aperte, e le fonti pubbliche erano un “salotto” all’aperto, per fare flanella.
Anche se potrà sembrare incredibile, questa era la situazione dell’Italia solo sessanta anni fa. I giovani delle nuove generazioni, che per loro fortuna, non hanno vissuto questa realtà, farebbero bene a pensare a quello che hanno passato i loro genitori, quando, magari si disperano perché … Il telefonino non ha campo.
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