L'ambulatorio medico a Castelpoggio è un istituzione alquanto moderna. Oggi è diretto egregiamente dal Dott. Riccardo Pezzica, fino al 2001 guidato dal medico-chirurgo dottor Carlo Costa il quale non si dimentica di visitare il paese di tanto in tanto. Al dott. Costa i cittadini di Castelpoggio hanno voluto manifestare la loro gratitudine ponendo nell'ambulatorio di Via Venturelli un targa come ringraziamento e giusto tributo alla carriera.
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Prima del 1900 il medico-condotto visitava a domicilio dietro chiamata arrivando da Cararra a piedi o in carro. Apparte il capitolo "guaritrici", qualche indizio sull'arte di guarire lo possiamo trovare dietro alla curiosa tradizione dei soprannomi:
1742 Pucciarelli Matteo fu Francesco, detto il dottore.
1780 Pucciarelli Tommaso, detto il dottore.
1800 Pucciarelli Francesco, detto il dottore.
1840 Pucciarelli Francesco e Domenico, detti i dottori.
Si può dedurre che in paese era sempre presente una figura che per diletto o virtù aiutava il prossimo. Sempre che il soprannome "dottore" non fosse ironico oppure meritato sui libri in qualche altro campo della cultura.
Nei primi 50 anni del 900 sorse un modesto ambulatorio ma il dottore arrivava comunque da Gragnana e solo se chiamato. A gestire il piccolo ambulatorio era la Pubblica assistenza "Croce Verde" della quale tutti i residenti erano soci dietro pagamento di un quota di iscrizione. Nel libro "Castelpoggio, un paese del Comune di Carrara con i mille anni della sua storia" Don Angelo Ricci a pag 140 ci racconta come funzionava l'ambulatorio in caso di emergenze:
"Aveva un modesto ambulatorio con poche elementari provviste per i soccorsi più urgenti. Da infermiere faceva volta per volta, nei casi urgenti e improvvisi, qualche persona che ne fosse un po' pratica. La Pubblica Assistenza possedeva la "barella" e il "carro". Quando nei boschi o nei campi succedeva qualche grave disgrazia ne veniva dato l'annunzio con un suono convenzionale delle campane. Tutti quelli che sentivano quel suono correvano e i primi uomini validi (nessuno si rifiutava) si mettevano al braccio il nastro della "Croce Verde", prendevano la barella, correvano al luogo della disgrazia, caricavano l'infortunato e lo portavano in paese, dandosi il cambio, specialmente se il tragitto era lungo ed impervio. Nel frattempo chi lo possedeva (ed anche in questo caso nessuno si tirava indietro) preparava il suo cavallo o mulo, lo attaccava al "carro" (era a due ruote alte e stanghe lunghe); su di esso veniva innestata la barella con l'infortunato e correva poi verso l'Ospedale di Carrara. Dal momento del suono delle campane uscivano di casa e tornavano dai vicini campi tutti quelli che avevano sentito, pronti a dare una mano finché il carro non era partito e poi a partecipare in chiesa ad una funzione propiziatoria all'altare della Madonna."
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Prima del 1900 il medico-condotto visitava a domicilio dietro chiamata arrivando da Cararra a piedi o in carro. Apparte il capitolo "guaritrici", qualche indizio sull'arte di guarire lo possiamo trovare dietro alla curiosa tradizione dei soprannomi:
1742 Pucciarelli Matteo fu Francesco, detto il dottore.
1780 Pucciarelli Tommaso, detto il dottore.
1800 Pucciarelli Francesco, detto il dottore.
1840 Pucciarelli Francesco e Domenico, detti i dottori.
Si può dedurre che in paese era sempre presente una figura che per diletto o virtù aiutava il prossimo. Sempre che il soprannome "dottore" non fosse ironico oppure meritato sui libri in qualche altro campo della cultura.
Nei primi 50 anni del 900 sorse un modesto ambulatorio ma il dottore arrivava comunque da Gragnana e solo se chiamato. A gestire il piccolo ambulatorio era la Pubblica assistenza "Croce Verde" della quale tutti i residenti erano soci dietro pagamento di un quota di iscrizione. Nel libro "Castelpoggio, un paese del Comune di Carrara con i mille anni della sua storia" Don Angelo Ricci a pag 140 ci racconta come funzionava l'ambulatorio in caso di emergenze:
"Aveva un modesto ambulatorio con poche elementari provviste per i soccorsi più urgenti. Da infermiere faceva volta per volta, nei casi urgenti e improvvisi, qualche persona che ne fosse un po' pratica. La Pubblica Assistenza possedeva la "barella" e il "carro". Quando nei boschi o nei campi succedeva qualche grave disgrazia ne veniva dato l'annunzio con un suono convenzionale delle campane. Tutti quelli che sentivano quel suono correvano e i primi uomini validi (nessuno si rifiutava) si mettevano al braccio il nastro della "Croce Verde", prendevano la barella, correvano al luogo della disgrazia, caricavano l'infortunato e lo portavano in paese, dandosi il cambio, specialmente se il tragitto era lungo ed impervio. Nel frattempo chi lo possedeva (ed anche in questo caso nessuno si tirava indietro) preparava il suo cavallo o mulo, lo attaccava al "carro" (era a due ruote alte e stanghe lunghe); su di esso veniva innestata la barella con l'infortunato e correva poi verso l'Ospedale di Carrara. Dal momento del suono delle campane uscivano di casa e tornavano dai vicini campi tutti quelli che avevano sentito, pronti a dare una mano finché il carro non era partito e poi a partecipare in chiesa ad una funzione propiziatoria all'altare della Madonna."
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