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Esiste un’interessante relazione dell’abate Lazzaro Spallanzani, insigne naturalista e vulcanologo che, a trent’anni di distanza dalla cessazione dei lavori, ci descrive magistralmente la grandezza e la qualità delle opere che erano già state costruite, e con meticolosa precisione rileva le misure del fenomeno di arretramento della linea di costa: (copia dall’originale)
Alla distanza di 62 piedi parigini si osserva tutt’ora il piccolo molo della scavata piccola darsena che contava già 16 piedi di profondità d’acqua; al presente si è alzato il fondo delle cascate, ivi introdotte, del torrente Carrione.
Detto molo è superiormente vestito di grandi lastre di marmo rabbellite di tratto in tratto da teste di leoni portanti in bocca anelle di metallo per legarvi piccoli bastimenti.
L’apertura di detta darsena si stendeva per Scirocco ed Australe a piedi 300; e dopo altro spazio di terra ferma di piedi 62, rimirasi altra fabbrica rispetto alla prima detta di magazzini generali, la quale nelle altre facciate ed aspetti esterni si osserva divisa nel primo piano o piano superiore, avendo imposte e finestre decorate in marmo con lunga fascia che divide due piani.
La lunghezza della darsena era di piedi 560, aprendosi al mare allora contiguo giacché all’estremità di detta misura si osservano ancora le grosse rocce di scogliera tra il mare e la darsena. La lunghezza di detta darsena si estendeva da Settentrione a Mezzogiorno; ivi al disotto della scogliera e precisamente tra Libeccio e Ponente, furono gettate nell’anno 1749-50 alcune casse di calcestruzzo composte da piccoli sassi, calcina e pozzolana, le quali casse s’inoltravano in detti anni dentro il basso pelo del mare, che circondava per ogni dove e che in oggi per il continuo inserimento prodotto dalla deposizione del magra e da banchi di rena che ci mette il Libeccio, si vedono distanti a linea retta dal basso pelo del mare piedi 475. Sinché il mare si allontana ogni anno in quella parte piedi 13, pollici 11, linee 4."
Così è descritto il fallimento di un’opera che avrebbe avuto un posto di primissimo piano negli ambiziosi piani dell’Arciduca, opera di cui purtroppo non ne è giunta fino a noi alcuna traccia, se non in una vecchia mappa conservata nell’Archivio di Stato di Modena, che ci mostra però accanto agli scavi, solo alcune piccole casupole sicuramente abitate solo nel periodo dei lavori.
La causa dello spopolamento del piccolissimo borgo, è sicuramente da ricercarsi nel fatto che l’intera zona era considerata poco sicura, troppo vicino al mare, e che comportava quindi, il rischio di scorrerie piratesche, fu così abbandonata, cosa che causerà il suo progressivo impaludamento.
Come è possibile che di una cosa così grandiosa a Carrara non ne sappia nulla nessuno?
Scritto da: Morello | 07 novembre 2009 a 09:46