Al contrario dei baroni del marmo, questi nuovi ricchi non esitano a investire nelle nuove tecnologie, trasformando addirittura vecchi mulini ad acqua, in laboratori per la lavorazioni del marmo. Nascono così i primi “manettoni,” per la lucidatura, e i nuovissimi telai a più lame, che mossi dalla forza dell’acqua permettono una produzione prima impensabile. Questa rivoluzione tecnologica e organizzativa, mette in crisi le antiche famiglie, che non riescono più a mantenere il loro ferreo controllo sulle attività commerciali ed estrattive, tanto da costringere Maria Teresa a emanare un decreto che liberalizza completamente il commercio del marmo. Così le antiche famiglie che basavano il loro potere solo sul diritto di monopolio, conoscono l’oblio della decadenza, al loro posto subentrano i “mestieranti” rampanti, alcuni addirittura loro ex dipendenti, che diverranno i futuri protagonisti della vita economica cittadina, che si chiamano Fabbricotti, Binelli, Marchetti, e Del Nero. Primi fra tutti a credere appieno nelle nuove tecnologie, saranno i Fabbricotti che attorno al 1771, chiedono il permesso di costruzione della prima segheria, che sorgerà sulle rive del Carrione, al tempo unico “motore”. Ben presto, anche gli altri seguiranno il loro esempio, e le rive del Carrione si ricopriranno di questi edifici, e di “studi” cosi venivano, e sono tuttora chiamati, quei grandi laboratori artigianali, dove venivano però realizzate lavorazioni semindustriali.
Nonostante questo radicale cambiamento economico e organizzativo, non si otterrà ancora il pieno sviluppo del settore, né i privati potranno subentrare pienamente come proprietari a tutti gli effetti negli agri marmiferi. L’organizzazione delle vicinie, bloccherà ancora per anni il pieno sviluppo economico e sociale del settore, che avverrà quasi totalmente solo alla fine del secolo, in tempo però per assistere a una catastrofica contrazione del mercato lapideo, che costringerà le nuove famiglie del marmo, a una diversificazione dei loro interessi, che l’avvento della prima grande carestia d’inizio secolo, li indirizzerà inevitabilmente verso l’acquisizione, la bonifica, e la coltivazione dei terreni verso la costa, un tempo giudicati malsani e pericolosi, ma ora fonte di un prodotto a reddito sicuro; il pane.
Il nostro medioevo di Enzo De Fazio
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