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(segue da pag 1) Questo si potrebbe spiegare come conseguenza della dominazione Estense, ma quello che invece e difficile da determinare, è il perché il dialetto carrarino pur essendo geograficamente collocato in Toscana, non assomiglia in alcun modo al toscano, così com’è anche altrettanto estraneo al lunigianese, ma non è tutto, come mai noi carrarini possediamo un accento particolare denominato cacuminale ? Anche qui si azzardano delle ipotesi non suffragate da prove certe, ma abbastanza plausibili; la più accreditata dice che l’accento sia un’eredità lasciataci dagli antichi Apuo-Liguri, e che la particolare conformazione del territorio carrarese, suddiviso in era medievale in vicinie in sostanza chiuse, abbia impedito la contaminazione del dialetto carrarino con altri limitrofi. A riprova di ciò va segnalata la diversità, se pur minima, del dialetto parlato nelle varie frazioni, anche se qualche studioso imputa questa prerogativa all’influenza di popolazioni “aliene” come i soldati corsi a Fontia e Moneta, o i mercenari Pisani ad Avenza. Anche i paesi posti nello spartiacque a Nord-Ovest, delle Apuane, come Castelpoggio, Noceto, Gragnana e Sorgnano, essendo stati per secoli paesi di frontiera, e quindi interessati al passaggio di rotte commerciali, hanno sviluppato diversità dialettali, come ci fa notare un nostro concittadino, il compianto Prof. Luciano Luciani, nella sua opera monumentale “Dizionario del dialetto Carrarese” forse a causa di contaminazioni linguistiche da paesi limitrofi.
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Purtroppo il dialetto carrarino non è stato ancora codificato, quindi ognuno lo scrive come più gli aggrada, qualche autore sostituisce la “c” con la “k”, (es. cane, can, kan) perché sostengono che renda il suono più duro, a me francamente non sembra corretto, perché, essendo un vernacolo neo-latino, penso sia meglio utilizzare, anche per ragioni pratiche, di chi legge, e di chi scrive, l’alfabeto latino. Alcuni anni or sono, feci delle ricerche sul dialetto carrarino, intervistando nelle “cantine” vecchi cavatori ormai in pensione, riascoltandole ora, ho notato come il dialetto più genuino, o se volete più arcaico, sia ormai totalmente scomparso, lasciando il posto a una forma dialettale “italianata” che mi lascia francamente perplesso. Moltissimi modi di dire, o allocuzioni, sono ormai totalmente scomparsi, ad esempio; era in uso quando ci si incontrava per strada la mattina il saluto “fat a mod’r” (fate a modo) ossia state attenti, rivolto soprattutto ai cavatori che si recavano al lavoro, oppure quando una persona scampava a un pericolo mortale, si diceva “ pogh al mancò che i s cavass da pagar d’est’m” (ci mancò poco che si levasse da pagare l’estimo) che era una antica tassa, tipo la moderna IRPEF, oppure di una persona, o cosa molto antica “i ha pù ani del prim top del Cafaz” la semplice parola interrogativa perché, si diceva p’rcos, di una persona eccentrica nel vestire si diceva, i par la Bilì, e l’elenco è ancora lungo. Anche a molte località veniva imposto il nome in dialetto, tipico esempio “Mont d’arma” nome che erroneamente molti associano alla guerra, ma che invece vuole dire in senso letterario “ Monte di spalla”. E’ anche vero che molti termini in lingua sono assolutamente intraducibili in vernacolo, come ad esempio: computer, cd, o cellulare, così una lingua millenaria rischia l’oblio in pochi decenni. Penso che questo sarebbe un vero peccato, ed e compito di tutti noi lottare perché questo non avvenga, in particolar modo noi autori, che scriviamo in vernacolo, dobbiamo cercare di salvaguardare il vero dialetto come una preziosa reliquia, riutilizzando gli antichi termini, perché il loro cammino millenario fino ai giorni nostri non si interrompa per sempre.
Ciao Emiliano, ho scritto in Cararino a Matteo (FB), poi ho fatto un post da me
lacasainfondoalbosco.splinder.
bellissimo pezzo quello sopra, chiediamoci quanto durerà ancora l'Amore Apuo! Ciao
Scritto da: carla gemignani | 02 settembre 2009 a 22:17
Come scrissi un poco di tempo fa sul blog del Sig. Lazzari, purtroppo il nostro bel dialetto è destinato all'estinzione, io come ex insegnante traferita da anni a Firenze, noto con dispiacere che mentre il fiorentino viene valorizzato e rilanciato, il carrarino, nonostante gli sforzi di autori come De Fazio, Laquidara, Morelli e pochi altri, langue, e piano, piano muore, questo e davvero un peccato mortale. Rosa
Scritto da: rosa | 02 settembre 2009 a 10:09