(segue da pag 1) Viaggiare a quel tempo non era ne facile ne comodo, anche se il “pellegrino” o Viator aveva qualche privilegio. Dopo avere fatto testamento, si recava dal curato che con una solenne cerimonia consegnava la “divisa” del pellegrino, che oltre ad un alto valore simbolico, aveva il compito, che spesso non riusciva ad espletare, di farlo riconoscere, e quindi di proteggerlo. Il corredo comprendeva una bisaccia di pelle d'animale, tenuta sempre aperta a simboleggiare la carità, il bordone, un bastone ferrato sulla punta, che serviva per la difesa, ma che simboleggiava la lotta contro le tentazioni, il petaso, un capello a larghe tese, e un corto mantello con cappuccio, la pellegrina. Il pellegrino era esentato al pagamento del “teloneo” la tassa per attraversare i ponti, o le porte delle città, mentre pare che dovesse pagare una gabella al passaggio del fiume Po', poteva soggiornare al massimo due giorni nelle chiese e nei monasteri incontrati sul cammino, oltre naturalmente ad usufruire gratuitamente dei servizi degli Spedali. A differenza del nome questi non erano solo luoghi di cura, ma delle vere e proprie stazioni di servizio, che si occupavano anche di assistenza ad orfani, e vedove, oltre naturalmente dell'accoglienza dei pellegrini. Gli Ospitali invece, erano posti a distanze che variavano da 25 a 30 Km gli uni dagli altri, erano gestiti anche questi da ordini o comunità religiose, e mentre il pellegrino non doveva nulla, il ricco viaggiatore era tenuto ad un lascito generoso, anche se il vitto, spesso costituito da un pezzo di pane nero e una zuppa di verdura, era uguale per tutti, come comune era il giacilo, si dormiva su un poco di paglia stesa per terra, magari in 15 o 20 persone tutte assieme in un'unica stanza, come comune era anche il tormento di zecche, pidocchi e altri parassiti, normali a quel tempo.
Erano tre i cosiddetti “percorsi santi”, meta dei pellegrini provenienti dall'Italia settentrionale, il primo verso Roma, seguendo la via Francigena o Romea, l'altro, che con una deviazione all'altezza di Pontremoli, attraverso la Francia portava a Santiago de Compostela in Spagna, dove la tradizione vuole vi sia la tomba di Giacomo il Maggiore, il terzo superava Roma, e arrivava al porto di Otranto in Puglia, usato anche da S. Francesco di ritorno dalla Palestina, per imbarcarsi, e dirigersi poi verso la Terra Santa. E' evidente che questi antichi itinerari fossero usati anche dai commercianti, e purtroppo, anche dagli eserciti in trasferimento.
Un recente progetto Europeo tendente a rivalutare questi antichi percorsi, dopo una partenza entusiastica, si è arenato per la cronica mancanza di fondi, necessari per ripristinare, o riadattare percorsi alternativi che sostituissero quelli originali finiti, nel corso dei secoli, sotto Autostrade o strade Provinciali, così mentre il percorso spagnolo detto Cammino di Compostela, e stato addirittura dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'Umanità, della via Francigena non rimane che una moltitudine di osti e albergatori che ne vantano la vicinanza al loro locale, al solo scopo di attirare i clienti, cosa per la verità alquanto squallida. Anche la nostra zona per una larghezza che parte dall'attuale Avenza, fino a Castelpoggio (La via francigena a Castelpoggio), era interessata dal passaggio dell'antica Strada, ma sono quasi nulle le informazione turistiche in tal senso, se si toglie un piccolo cartello posto su di un ponte pedonale al Muraglione, mentre si potrebbe valorizzare citandolo magari su qualche guida, il vecchio ospedale di SS. Giacomo e Cristoforo, importantissimo nell'antichità, che sorgeva a Grazzano, assieme al paese di Castelpoggio, che oltre ad essere stato sede di un antico Spedale, era anche il caposaldo a difesa della forse ancora più antica e utile “via del sale” notizia questa sconosciuta ai più. In un paese come l'Italia, ricco di una storia plurimillenaria, a causa forse di una certa non disinteressata disinformazione a carattere commerciale, non sono poche le panzane raccontate, e credute in buona fede dalla gente comune, per promuovere luoghi e eventi da parte di furbi personaggi, una delle più comuni è certamente quella del Jus Primae Noctis, ovvero del diritto del signore del borgo di giacere la prima notte di nozze con la sposa sua suddita. Sono moltissimi i paesi dotati di un castello che raccontano di questo diritto preteso dal signore del luogo, scatenando, per la reazione dello sposo, spesso delle sanguinose tragedie. Tutto falso, non vi sono documenti di alcun genere che attestino questo diritto, addirittura dall'epoca Carolingia, molti sostengono che questa leggenda sia nata addirittura nell'ottocento, a causa di un errore di interpretazione del Maritagium, ossia della tassa che il padre della sposa doveva pagare al signore del borgo per ottenere il permesso di far sposare la figlia, o della tassa che gli sposi dovevano pagare alla Chiesa per potere consumare la prima notte di nozze. Come si sa, tutte le cose che coinvolgono la sfera sessuale esercitano nella gente una pruriginosa curiosità, che qualche sgammato commerciante ha saputo sfruttare.
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