(segue da pag 1) Di solito i carbonai, agivano in squadre di tre o quattro individui, con un aiutante, spessissimo un bambino, a cui erano affidati i compiti più leggeri, ma si hanno notizie di interi nuclei familiari dediti a questo duro lavoro. Si iniziava con il taglio degli alberi, e il loro trasporto a dorso di mulo nel luogo dove sarebbe sorta la carbonara, di solito questi luoghi erano più o meno gli stessi da secoli, dove la particolare qualità della terra, e la vicinanza di un corso d'acqua, facilitavano il lavoro, erano considerati territori di lavoro e di proprietà di questa, o quella compagnia di carbonari, tanto che in alcuni parti d'Italia, il furto di terra da uno di questi luoghi da parte di un altro carbonaio, era punito addirittura con la galera. Si procedeva poi al taglio a misura dei tronchi, e alla raccolta delle ramaglie, che dopo essere state legate in fascine, in dialetto carrarino “manedi” sarebbero state vendute ai forni, che le usavano per la prima accensione. Pochi sanno che vi erano tre tipologie di carbone, che ovviamente avevano costi diversi, il più pregiato era il carbone di cannello, ricavato da grossi rami interi, vi era poi il carbone da spacco, ottenuto dalla spaccatura dei tronchi più grossi, ed infine quello ricavato da rami corti e nodosi che si chiamava carbone di ciocco. Prima della costruzione della carbonaia, era necessario che tutta la compagnia si raccogliesse in preghiera per esortare il Signore, affinché non permettesse al Diavolo di incendiarla, veniva poi costruita con dei rametti una rozza croce, che veniva seppellita pochi centimetri sotto il camino della carbonaia, che doveva essere ritrovata intatta alla fine del lavoro, a garanzia dell'avvenuta protezione divina. Il camino era il vero e proprio “cuore” della carbonaia, era costituito da una specie di torre a sezione quadra, vuota al suo interno, costruita con tronchetti di legno tagliati a misura, impilati attorno a quattro robusti pali piantati nel terreno, poi si passava alla “fasciatura”che consisteva nel posizionare attorno al camino dei tronchetti in posizione verticale, a cominciare da quelli più grossi, e via, via, quelli più sottili fino a formare un cono di circa 2, 3 metri di raggio, alto più di due, poi si ricopriva con foglie secche, per impedire ad aria e terra di penetrare al suo interno, quindi con delle grosse zolle, posizionate con la parte erbosa verso la legna, si sigillava il tutto cominciando dal basso, per innescare il fuoco si gettavano delle braci dentro il camino, che poi veniva alimentato per almeno tre giorni, in modo che il fuoco si propagasse in modo controllato dentro la carbonaia, dopo di che anche la bocca del camino veniva otturata. Da quel momento il solo modo di controllare la combustione, era la presenza di fori aperti nella parte bassa della carbonaia ad una distanza tra loro di circa un metro, che tenendo più o meno aperti assicuravano l'afflusso di quella minima quantità di ossigeno necessaria perché il fuoco non si spegnesse, ma che neppure avesse la possibilità di sviluppare pericolose fiammate. Il processo di distillazione del carbone avveniva in un tempo che poteva variare da 12 a 15 giorni, durante i quali la carbonaia doveva essere controllata giorno e notte, così che i carbonai erano costretti a costruirsi nelle vicinanze, delle rudimentali capanne, che per modo di realizzazione, e aspetto, assomigliavano molto alle carbonaie stesse. Costruivano una struttura in legno, a pianta circolare che veniva poi ricoperta con zolle di terra proprio come una carbonaia, mentre il tetto era di solito costituito da un semplice telo di canapa ingrassato per impedire il passaggio della pioggia. Quando dai fori praticati sul fianco della carbonaia usciva un fumo azzurrognolo, significava che il ciclo si era concluso, e si passava alla “spogliatura” della carbonaia, e allo “spegnimento” del carbone, che dopo essere stato insaccato veniva portato alla vendita.
Questo massacrante lavoro, senza variazioni di rilievo, è stato presente nella Maremma toscana ben oltre gli anni sessanta, e anche oggi continua ad essere eseguito anche se con criteri e metodologie più moderni. Altamente ecologico, sarebbe auspicabile un suo rilancio per l'alimentazione di alcune attività industriali, come ad esempio la fabbricazione dell'energia elettrica, con evidenti vantaggi sia ambientali sia economici, per un paese come il nostro privo di risorse energetiche.
Si diceva anche che i carbonari potessero lanciare maledizioni alle donne che non accettasero le loro avances
Scritto da: rosa | 30 maggio 2009 a 16:13