(segue da pag 1) Oltre alla chiara necessità di difesa, la nuova cinta muraria era fortemente voluta dal marchese che poteva così, sia accrescere l’estensione del tessuto urbano della città, ormai stretto e soffocato da quelle esistenti, ma prevalentemente guidato dall’ambizione di aumentare enormemente l’importanza di Carrara, e di conseguenza il suo prestigio.
Per commemorare la posa della prima pietra troviamo ancora murata sul muro di Palazzo Bernabò una targa di marmo in cui si legge “a di x maggio/ m.dlvii si/ cominciarono le / muraglie di / carrara al ponte / della lugnola”. Non si hanno notizie se quest’opera grandiosa fu progettata da qualche celebre ingegnere del tempo, o se fu, come è molto più probabile, costruita da mastri muratori locali, vi è solo un documento del Notaio Andrea Casoni con il quale l’ill.mo signore Alberico Malaspina marchese di Massa dava in appalto al magnifico signore Ricciardo Lombardelli, al capitano Jacopo Diana e al maestro Domenico Sartori di Carrara, la costruzione delle “muraglie dell’accrescimento di Carrara“ in data 8 marzo 1557.
Nello stesso documento sono riportate in dettaglio le caratteristiche delle mura, che gli appaltatori si impegnano perché abbiano una lunghezza di “…almeno 500 canne…” dove ogni canna dovrà essere “…come ordinariamente si costuma, di brazza quattro la canna, riquadrata, come si misura in paese, e dette muraglie dovranno essere ricciate di fuori…”
Come spesso accadeva al tempo, la spesa di quest’opera ricadde quasi totalmente sulle spalle della popolazione e delle vicinanze, come si avvince da un documento, dove il cancelliere Girolamo Ghirlanda, quantificava la quantità misurata in “canne” di sassi che ogni borgo o casale doveva fornire annualmente.
Le mura erano costituite da ciottoli di fiume e da scarti delle cave, impastati tra loro con calce, avevano uno spessore di circa due metri ed un’altezza di sei, ed erano abbellite da inserti in marmo agli angoli, e sui cordoli, oltre naturalmente agli stipiti delle feritoie. Costruite con i moderni canoni di allora, avevano una pianta vagamente a stella, con i bastioni sporgenti per consentire un ampio campo di tiro, fin sotto le mura stesse, all’artiglieria.
Alcune stampe dell’epoca ci permettono di conoscere l’aspetto e la dislocazione delle tre porte più importanti, ossia quelle cosiddette “monumentali”.
La Porta “Liguria” o Lugnola si trovava al lato mare della Via Carriona, era formata da un arco a tutto sesto di marmo, dove su la pietra di volta campeggiava lo stemma dei Cybo Malaspina, anche il grande portale era in marmo, molto simile, anche se priva dello stemma, era la cosiddetta Porta Lunigiana, situata sulla strada che da Grazzano portava verso Gragnana, Castelpoggio, e poi nell’Italia settentrionale, vi era poi la Porta Maestra, situata nei pressi dell’attuale Accademia, e che portava verso Massa o verso Avenza, anche questa in marmo e riccamente decorata.
Oltre a queste porte sfarzose e di rappresentanza, ne esistevano altre due quasi di “servizio” una detta del Lazzoto o del Cavallo dava accesso tramite la via carrione verso i monti, l’altra detta, la Porta del Piano si apriva dall’attuale Piazza Alberica verso le pianure d’Avenza.
Le vecchie mura, con le antiche porte, anche se ormai prive della loro funzione, ad eccezione della porta del Bozzo, ancora usata anche se come percorso alternativo per il trasporto di marmo verso il piano, furono in ogni modo lasciate in piedi, anche perché lunghi tratti delle stesse erano ormai inglobati nelle case, diventando parte integrante delle stesse.
Alberico I non riuscirà a vedere il termine di quest’opera imponente da lui fortemente voluta, infatti, muore nel 1623, sarà portata a compimento da suo nipote Carlo I Cybo Malaspina che all’età di 43 anni ne diverrà il successore.
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