Si hanno scarse notizie sulla vita di pastori e contadini, perché i cronisti del tempo consideravano disdicevole scrivere di cose di così scarso interesse, ma si sa per certo che ad esempio l’aratro era molto primitivo, a volte solamente un tronco appuntito indurito al fuoco, o con un semplice puntale di ferro. La trazione avveniva con i buoi, di solito in coppia, da principio affrancati soltanto per le corna, cosa che limitava moltissimo la forza di traino, oltre al fatto che il contadino che doveva controllare con la sola forza fisica la profondità del solco, era sottoposto ad uno sforzo sovrumano che ne fiaccava presto la resistenza. Un ricercatore ha voluto sperimentare il tempo di aratura di un campo di circa un ettaro effettuato con i sistemi in uso in era medievale, ha così scoperto che siccome l’aratura, per risultare abbastanza efficace avveniva prima in senso orizzontale e poi il quello verticale, occorreva quasi un mese di lavoro, perché il terreno fosse pronto alla semina, cosa questa che, assieme alla rotazione biennale adottata al tempo, e la scarsa concimazione, ne limitava moltissimo la produttività.
Il ferro poi, era prezioso più dell’argento, e molto raro, abbiamo un documento che ci descrive la dotazione di “62 servos et ancillis maiores et minores” non viene specificato se come singoli lavoranti, o come molto più probabile, come capi famiglia, che possedevano ”2 vomeri, 1 zappa, 1 mannaia, 2 scuri, 8 falci “messorias”. Anche la pastorizia era molto primitiva, e entrava spesso in conflitto con il mondo contadino per l’abitudine dei pastori di sfrondare gli alberi per dare da mangiare alle capre, ma nonostante questo era considerata per il commercio della lana, l’industria pesante dell’antichità, basti pensare che dal 1200 al 1400, la potenza economica di Firenze fu dovuta proprio a questo commercio. Nella nostra zona era attivissimo anche l’allevamento allo stato brado di maiali, tanto che il valore dei boschi veniva calcolato in base al numero di maiali che vi si potevano sfamare, era molto presente anche l’apicoltura effettuata con arnie fatte di cerchi di paglia intrecciata, che venivano posizionate nei boschi di castagno, questo per due ragioni; la prima perché il miele era l’unico dolcificante del tempo, e la seconda perché, anche se non se ne conosceva la ragione, aumentava la produzione di castagne. Da alcuni documenti risulta, che anche la pianura di Carrara era coltivata, in modo massiccio a vite, ma anche miglio e panico, e che una particolare attenzione era riservata alla rete di canali usati per l’irrigazione, con un sistema di manutenzione e sorveglianza.
Attorno al 1300 avvennero cambiamenti tecnologici tali, da poter essere paragonati all’utilizzo del vapore del novecento.
L’aratro cambiò totalmente la sua forma montando il “coltro” una specie di coltello che divideva la terra, e il “vomere a vassoio” che con un semplice meccanismo permetteva di determinare la profondità del solco, ma soprattutto rivoltava la terra seppellendo le erbacce, in più venne inventato il giogo, che aumentava la forza di trazione, e si cominciò ad impiegare anche i cavalli, più rapidi dei buoi, si imparò anche a aumentare a tre anni la rotazione delle culture, il cosiddetto “maggese” che aumentò di molto la produzione, a pensare che questa pratica era gia descritta da Publio Virgilio Marone nelle Georgiche che scriveva:
Ad anni alterni dopo il raccolto lascerai riposare i novali
ed il campo divenire sodo tralasciando ogni coltivazione
oppure, mutate stelle, seminerai il farro biondeggiante
dove avrai raccolto legumi da ricci bacelli
il frutto leggero della veccia, oppure l’esile stelo
ed il groviglio mormorante del triste lupino
il lino e l’avena, infatti, esauriscano i campi.
Le Curtis si trasformano in “Castrum”, i primi villaggi fortificati, embrioni di quelle che diverranno future città. A Cararia nascono le prime Corporazioni di Mestieri, gli statuti del 1396 sono raccolti in ben quattro libri, e contengono tra l’altro le regole per la vendita di carne, pane, vino, olio, e tonno. Si stabilisce che in città e proibito mettere a macerare la ginestra, la canapa e il lino. Per il commercio della carne, si stabiliscono tempi e luoghi di vendita, si proibisce la macellazione di animali sulla piazza, e si ordina che tutte le lavorazioni maleodoranti e il mercato della “carne malata” debbano essere fatti aldilà del ponte Barroncino.
Altre invenzioni poi, all’apparenza banali, come il collare da spalla per i cavalli, e la loro ferratura, in realtà portano ad un aumento vertiginoso della produzione agricola, e con il miglioramento del tenore di vita ci si avvia verso quel periodo irripetibile che fu il Rinascimento.
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