20/02/2008: AGLI ENTI PUBBLICI ALTRI SESSANTA GIORNI PER OSSERVARE IL PIANO PER IL PARCO
Il Consiglio direttivo ha approvato il raddoppio dei tempi
per la presentazione delle osservazioni al Piano per il Parco. Pertanto,
sono stati concessi altri sessanta giorni a favore di Comuni e Province, in
prosecuzione del periodo già accordato ad ognuno di essi, il cui inizio e
termine è diverso da caso a caso, poiché dipendente dal giorno di effettivo
ricevimento del Piano.
È stata dunque accolta una richiesta deliberata la scorsa settimana dalla
Comunità di Parco che – su proposta del Direttore Bartelletti e subito
accolta dal Presidente Nardini – ha come principale obiettivo l’ulteriore
possibilità offerta ai soggetti pubblici di eseguire più approfonditi
confronti e verifiche di compatibilità, nel dettaglio, tra gli elaborati del
Piano per il Parco e le norme e le tavole dei Piani territoriali di
coordinamento, dei Piani strutturali e dei Regolamenti urbanistici.
Riguardo a notizie imprecise apparse di recente sulle cronache locali, si
informa che l’attuale superficie protetta del Parco delle Alpi Apuane
assomma a 20.598 ettari, provvisoriamente ridotti a 17.610 con la
derubricazione di aree per il temporaneo esercizio dell’attività venatoria,
mentre il Piano per il Parco ha proposto un nuovo perimetro di 23.525
ettari. Si tratta dunque di un aumento del 14,5%, con distribuzione
pressoché omogenea nelle varie aree geografiche (+16,3% in Provincia di
Lucca; +12,5% in Provincia di Massa).
Il Piano per il Parco poi, non introduce “vincoli stretti” che impediscono
il recupero di case isolate (l’insediamento sparso). Anzi, le azioni di
riqualificazione e riuso del patrimonio edilizio, soprattutto se di valore
storico-ambientale, sono particolarmente sostenute, con direttive ai comuni
per favorire i cittadini in questa opera meritoria. Inoltre, i paesi e i
borghi (l’insediamento accentrato) non rientrano neppure nell’area protetta
e dunque non sono stati presi in considerazione dal Piano. Altra notizia
fantasiosa e priva di fondamento è quella che legherebbe il recupero dei
fabbricati all’obbligo di intervenire sull’ettaro di terreno intorno agli
stessi edifici.
Neppure il taglio dei boschi, su iniziativa delle Comunità Montana e dei
cittadini, è impedito dal Piano, come dimostra l’attività ultradecennale di
autorizzazione degli Uffici dell’Ente Parco. Farebbero eccezione soltanto
1.141 ettari di superficie (appena il 4,8% del totale), in cui il Piano
propone di istituire “riserve integrali”, che in effetti limiterebbero
questa attività, stante il prioritario obiettivo della conservazione
naturalistica. Va detto però che meno di un quarto di questa superficie, a
stretta protezione, è coperta da boschi, per cui il problema – se esiste – è
di limitatissimo impatto territoriale e – se non tollerabile – sempre
risolvibile con una modifica della zonizzazione interna della proposta di
Piano.
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